CIAK... SI CELEBRA (di Stefano
Scarpari) |
Adriano Celentano,
il “Molleggiato”, il “Ragazzo della
via Gluck”, il “Celebre” è un personaggio davvero unico nel
panorama del mondo dello spettacolo.
Cantante, compositore, produttore, attore, regista, conduttore, showman: non è classificabile in una specifica categoria. Se proprio lo vogliamo definire, possiamo parlare di un artista geniale e carismatico, che non solo ha marcato in maniera indelebile la storia della canzone italiana, ma ha pure rivoluzionato il modo di fare spettacolo, lasciando la sua inconfondibile traccia anche in un percorso cinematografico sviluppatosi attraverso una quarantina di film nell’arco di oltre un trentennio! Divenuto ben presto uno dei più importanti “urlatori” della canzone, già dalla fine degli anni ‘50 e nei primi ‘60 entra in contatto anche con il mondo della celluloide partecipando a pellicole prettamente musicali (i cosiddetti “musicarelli”, le cui sottili trame sono subordinate alla presenza dei cantanti in voga) dove comunque riesce a ritagliarsi un ruolo di spicco, tanto che Federico Fellini si accorge di lui e lo consacra rappresentante del rock italiano nel suo capolavoro “La dolce vita”. Il mondo cinematografico comincia così ad interessarlo, e nel 1964 prende confidenza con la macchina da presa dirigendo (in collaborazione con Piero Vivarelli) “Super rapina a Milano”: una scanzonata parodia del cinema gangster con la partecipazione di tutto il suo Clan. La svolta arriva nel 1968, quando Pietro Germi lo sceglie per impersonare “Serafino” nell’omonimo film che risulterà campione d’incassi della stagione e dove Adriano rivela a tutti le sue doti di interprete. Da qui in avanti, si può dire, parte la sua vera e propria carriera di attore <proprio in quell'anno canta “vieni al cinema insieme a me - c'è l'attore che piace a te - sai chi è? - sono io!”> col susseguirsi di pellicole cinematografiche nelle quali inizia ad affrontare da protagonista trame più consistenti, che lo vedono affiancato a registi e colleghi di maggior calibro (basti pensare a Sophia Loren in “Bianco, rosso e…” di Alberto Lattuada). Negli anni ‘70 la presenza di Celentano sul grande schermo si fa sempre più intensa con la produzione di ben 15 film in 9 anni! E arrivano anche i primi riconoscimenti artistici con la partecipazione al prestigioso Festival di Cannes e l'attribuzione di due “David di Donatello” quale miglior interprete ( per i film “Bluff” e “Mani di velluto”) e di un “Nastro d'Argento” per la miglior colonna sonora (con “Yuppi Du”). Durante la consegna del David di Donatello nel 1976 Adriano entra in scena scendendo sul palco tra due ali di folla in tripudio, tanto che Robert Altman (presente alla manifestazione) vuole conoscerlo per invitarlo in America: “ Non so chi tu sia - gli dice - ma se la gente ha reagito in questo modo, devi essere qualcuno!” La sua proverbiale paura di volare lo porterà a rinunciare a questa opportunità. Nel corso degli anni ‘80, il connubio fecondo e fortunatissimo con Castellano e Pipolo sfornerà clamorosi successi commerciali, che lo consacreranno come vero e proprio re del botteghino (ricordiamo solo due titoli tra i tanti campioni d’incassi: “Il bisbetico domato” e “Innamorato pazzo”, che richiamano complessivamente oltre 18 milioni di spettatori al cinema, senza contare poi i successivi ascolti televisivi!). Spirito libero e indipendente, Adriano sente di avere qualcosa da raccontare anche con le immagini e non solo con le parole e con la musica. Ben presto si accorge che la dimensione di attore (come quella prima di cantante, di compositore, di capo-clan) gli sta stretta, e così arriva ad ideare, scrivere, sceneggiare, dirigere, montare, musicare e persino anche produrre i suoi film -come pochissimi altri (forse solo Chaplin) hanno saputo fare nel mondo della celluloide! Come nella musica, e come farà poi in televisione, anche nel cinema Celentano scardina le convenzioni e ne modifica alla sua maniera le coordinate. I film da lui ideati e diretti forse non saranno dei capolavori assoluti, ma presentano comunque delle trovate, delle inquadrature geniali, delle sequenze memorabili, delle intuizioni folgoranti che li collocano al di fuori degli schemi. Basti pensare ai titoli di testa da antologia di “Geppo il folle”, o a certe inquadrature di “Yuppi Du” che fluiscono in un linguaggio visivo che precorre i tempi, o alla sequenza ferroviaria d’apertura di “Joan Lui”, kolossal musicale dove emerge tutta la vena “predicatoria” del Celentano-pensiero, la sua maestria nel montaggio, e la capacità di rendere in immagini situazioni estreme. E le trovate innovative non si limitano al campo prettamente artistico, bensì spaziano anche in quello del battage pubblicitario! Come non ricordare i manifesti anonimi, con l’effigie di un uomo voltato di spalle il capo reclinato e le braccia allargate, che hanno tappezzato i muri delle principali città per il lancio di “Yuppi Du”; per non parlare dei “flani”, i “trailer” e i “promo” da lui ideati. Sempre il medesimo film varerà poi per primo in Italia la pratica del “merchandising” (le relative t-shirt sono oggi oggetti da collezione). Adriano Celentano anche nel linguaggio cinematografico è dunque riuscito a lasciare un segno indelebile della sua istrionica genialità, pur quasi senza mai volersi prendere sul serio: “Mi considero uno che è entrato nel bar dell’arte e che ogni tanto si diverte a stupire due o tre ragazzi.” “Quando il successo finirà sarò triste per un quarto d’ora, poi troverò un’altra cosa che mi diverta.” “Da grande farò l’orologiaio”. Alla soglia degli 80 anni eccolo avventurarsi nel mondo dei cartoon, per sperimentare un nuovo linguaggio comunicativo. Personaggio senza tempo, capace di rinnovarsi come solo pochi sono in grado di fare, siamo certi che continuerà a stupirci ancora perché, nonostante il successo raggiunto, non si è mai montato la testa e continua a guardare il mondo con l’ingenuo stupore del bambino scanzonato che è sempre rimasto in lui. E, a pensarci bene, la sua vera grandezza è proprio questa! |